lunedì 5 maggio 2008

FORSE........

E' di oggi la notizia che il ciclone in Birmania ha fatto migliaia di morti. E' inevitabile ogni volta, porsi la domanda: perché? Perché, Dio, permetti che inondazioni, terremoti, distruggano migliaia di vite umane e abitazioni? Dopo il terribile tsunami del 2004 che ha fatto 100.000 morti, è stata colpita di nuovo quell'area geografica.
Per noi che siamo abituati ad avere tutti i confort, è inconcepibile pensare di vivere una vita che si trascina del fango, bisognosi di tutto, senza più casa, senza più viveri, aspettandosi tutto dalla divina provvidenza. Ma la fede cerca delle risposte. “Se chiederete con fede, otterrete” disse il Signore. Allora forse la risposta è che con queste calamità, noi uomini siamo chiamati a una carità più attiva, a una carità concreta. Ci sono anche quelli che non si sentono chiamati a nulla, ma in genere tutti siamo chiamati a fare, a pensare di fare qualcosa di concreto per queste persone nell'indigenza più completa. Forse in questo modo siamo chiamati a una vita alla fine più degna di essere vissuta, perché ci si sente vivi quando si fa qualcosa di concreto per chi ha bisogno. E questo vale per noi che siamo lontani, ma anche per loro, gli indigenti, che comunque sono costretti a fare qualcosa per loro stessi e per gli altri che sono nella loro stessa situazione. Forse Dio a volte spazza via tutto, o permette che sia spazzato via tutto, perché noi uomini abbiamo davvero bisogno di ricominciare da capo, forse perché c'è qualcosa nella nostra vita che non abbiamo capito bene, che non abbiamo vissuto bene, e allora Dio permette che si ricreino quelle condizioni in cui possiamo di nuovo avere una seconda chance e rivivere al meglio quelle situazioni. Quelle situazioni in cui si è indigenti, in cui nessuno si può vantare di essere chissà chi, perché tocca la sua miseria con mano, quelle situazioni in cui si sente di essere poveri in mezzo ai poveri e allora la carità, la condivisione, la compassione nasce spontanea, perché sono caduti i piedistalli su cui ci eravamo eretti e sentiamo di non essere più nessuno. Questa calamità accaduta in Birmania ci deve toccare da vicino, perché nessuno può dirsi al sicuro da calamità in questo mondo.
Se noi capiamo che questa calamità ci tocca da vicino, allora abbiamo già fatto un buon passo avanti nell'aiutare quel popolo. Perché ci sentiamo come loro. Il resto dovrebbe venire da sé, da persone intelligenti quali siamo, che capiscono il problema che c'è e agiscono di conseguenza, ognuno coi modi e con l'intelligenza che il Signore gli ha donato. Concludo con una frase del Signore Gesù Cristo che mi ricordo di avere letta in Maria Valtorta: “Poveri figli, avete bisogno del dolore per ricordarvi che avete un Padre in Cielo”. Se no, non ce ne ricorderemmo più.

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